Il calo di prezzo che sta registrando all’ingrosso l’extravergine italiano – come puntualmente evidenziato su OlivoNews dall’Ufficio economico dell’Aipo – ma anche quello degli oli vergini e lampanti, sta ridimensionando le aspettative di quanti hanno ancora in cisterna il prodotto sfuso e pensavano di poter vendere presto o comunque spuntare un maggior valore a fronte di un crollo di scorte e produzione a livello mondiale.
Per carità, siamo sempre a valori praticamente doppi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma è certo che il calo dei consumi conseguente all’aumento dei prezzi, ha frenato l’industria olearia da un significativo acquisto di olio di nuova produzione disponibile.
In questo scenario onore e merito a due personalità che tra i primi ed in tempi non sospetti hanno avuto il merito di prefigurare un possibile stallo di questo genere e che senza polemizzare hanno saputo guardare avanti lanciando proposte: parliamo da un lato di Benedetto Fracchiolla, presidente Fin Oliva Global Service, e dall’altro di Stefano Caroli, presidente dell’Associazione frantoiani della Puglia.
Meritano di essere riprese le parole di entrambi.
“Il prezzo non potrà mantenersi sempre così elevato” ebbe a dire Benedetto Fracchiolla (nella foto) in un incontro ad Agrilevante, aggiungendo che “questa deve essere una occasione per cambiare il paradigma. Insomma, una occasione per non tornare indietro e dare il giusto riconoscimento agli olivicoltori che da sempre sono l’anello più debole della filiera. Dunque, mantenere un giusto prezzo che riconosca alla parte finale della filiera il lavoro e gli accresciuti costi di produzione, è la strada da seguire. Rafforzando la comunicazione al consumatore, perché se il consumatore abbandona l’olio di oliva per altri oli vegetali a basso prezzo, poi recuperarlo diventa difficilissimo”.
Da parte sua Stefano Caroli (bella foto) aveva invece chiarito che “un prezzo troppo alto nell’acquisto delle olive che il frantoiano paga alla consegna – a cui si aggiungono le spese che il frantoiano ha per accendere le macchine, pagare il personale, confezionare il prodotto e attivare la rete di vendita – rischia di produrre valori completamente fuori dalla portata del consumatore. Ed in una fase di inflazione, aumento dei costi del carrello della spesa e stipendi e pensioni che non crescono, si rischia che la famiglia media rinunci all’olio di oliva per altri oli vegetali di minor valore economico. Dunque, sì, riconoscere agli olivicoltori il giusto prezzo, senza arrivare a pericolosi eccessi, in un giusto equilibrio di redistribuzione del reddito tra tutti i protagonisti della filiera”.
Insomma, olivicoltori e frantoiani, pur nei differenti ruoli, hanno saputo parlare ad una sola voce. Partendo dai ragionamenti di queste due personalità – tra l’altro entrambi espressione di una Puglia baciata dalla produzione olearia – c’è tutto il tempo per l’intera filiera di fare un condiviso approfondimento così da arrivare nelle migliori condizioni alla nuova campagna che, secondo autorevoli agronomi, si è avviata su buone aspettative malgrado un inverno poco freddo.
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