di Thomas Vatrano e Marco Penitenti
La cimice asiatica (Halyomorpha halys) è un insetto originario dell’Asia orientale che negli ultimi anni si è diffuso in modo capillare in Italia, causando gravi danni a numerose colture agricole. Si tratta di una specie estremamente polifaga, in grado di nutrirsi di oltre trecento specie vegetali, oliveti compresi (insieme a frutteti e ortaggi). Le punture dell’insetto provocano necrosi, deformazioni, cascola dei frutti e perdita di qualità commerciale. L’insetto sverna in ambienti riparati e, favorito dagli inverni miti, riesce a completare più generazioni all’anno, incrementando la sua presenza nei periodi vegetativi delle colture. Dal suo primo rinvenimento in Italia nel 2012, la cimice asiatica ha progressivamente colonizzato il Nord, il Centro e, più recentemente, il Sud e le isole. Monitoraggi aggiornati indicano che, nel 2024, la specie è ormai stabilmente presente in tutte le regioni italiane, con una forte capacità di adattamento agli ambienti agricoli e urbani.

Le strategie di difesa tradizionali, basate su insetticidi, hanno mostrato limiti significativi e rischi ambientali. L’uso prolungato di molecole di sintesi ha favorito lo sviluppo di resistenze, oltre a danneggiare organismi utili e biodiversità. Per questo motivo si stanno affermando approcci integrati che includono l’impiego di reti antinsetto, la gestione agronomica dei siti di rifugio e, soprattutto, il controllo biologico.
Negli ultimi anni, l’introduzione del parassitoide Trissolcus japonicus, noto come vespa samurai, ha dato risultati incoraggianti: questo imenottero depone le uova all’interno di quelle della cimice, riducendone la capacità riproduttiva. I dati provenienti da varie regioni italiane mostrano un crescente tasso di parassitizzazione naturale, segno che il parassitoide si sta insediando stabilmente e contribuisce al contenimento della popolazione della cimice asiatica.
Tuttavia, ricerche recenti hanno dimostrato che l’efficacia del controllo biologico può essere compromessa da alcuni biopesticidi. Prodotti naturali ammessi in agricoltura biologica, come polisolfuro di calcio, zolfo e loro miscele con polveri minerali, hanno mostrato un’elevata mortalità delle ninfe di cimice asiatica, ma anche effetti collaterali negativi sul parassitoide, con mortalità superiori all’80%. Altri prodotti, come azadiractina, caolino e olio d’arancia, si sono rivelati più selettivi, mantenendo bassa la tossicità sulla vespa samurai e risultando quindi più compatibili con programmi di lotta integrata.

Le prove in campo condotte su peri tra il 2021 e il 2022 hanno evidenziato che strategie basate su terra di diatomee alternata con zolfo o polisolfuro di calcio hanno ridotto i danni ai frutti con un’efficacia paragonabile, e in alcuni casi superiore, a quella delle strategie basate su insetticidi chimici come l’acetamiprid.
Anche i funghi entomopatogeni Beauveria bassiana e Akanthomyces muscarius hanno mostrato una buona capacità di ridurre le lesioni sui frutti, seppur con variabilità legata a condizioni ambientali e gestione aziendale.
Questi risultati suggeriscono che l’impiego mirato di prodotti naturali, integrato con il rilascio della vespa samurai, può rappresentare una valida alternativa ai trattamenti chimici, purché siano valutati attentamente i tempi e le modalità di applicazione per non interferire con l’attività degli insetti utili.
In questo mese di luglio un esemplare è stato fotografato in provincia di Catanzaro, testimonianza della presenza ormai consolidata anche nel Sud Italia. Le condizioni climatiche favorevoli e la capacità di questa specie di sfruttare numerosi ospiti vegetali rendono probabile un’ulteriore espansione e una pressione crescente sulle colture locali.
La situazione conferma la necessità di un monitoraggio costante e di strategie di difesa sempre aggiornate, che combinino tecniche di gestione agronomica, biopesticidi selettivi e controllo biologico. L’approccio integrato, sostenuto dalla ricerca e dall’osservazione in campo, rappresenta oggi l’unica strada percorribile per affrontare in maniera sostenibile la minaccia della cimice asiatica, riducendo l’impatto ambientale e preservando al tempo stesso la produttività delle colture.



















