Dalla Toscana un campanello d’allarme per il futuro olivicolo regionale ma non solo: i costi di raccolta delle olive hanno raggiunto prezzi proibitivi, aumentati dal 30 al 40%. E si trova sempre meno manodopera. A tal punto che c’è chi ha preferito lasciare le olive sulla pianta.
A suonarlo è la Cia Agricoltori Italiani della Toscana nella rendicontazione di una annata che pure ha dato grandi soddisfazioni sotto il profilo della quantità delle olive e della qualità dell’olio prodotto. Male, viceversa, le rese, per la pioggia dell’autunno ma anche a fine raccolta.
“La raccolta incide sull’80% del prezzo dell’olio”
“Annata finalmente interessante dal punto di vista della produttività, purtroppo scarsa nelle rese – evidenzia Valentino Berni, presidente Cia Toscana -. Poco olio dentro alle olive, causato dalla siccità estiva e piogge ad inizio autunno. Dobbiamo investire in impianti, infrastrutture per aiutare questa filiera che presenta dati interessanti sull’export, ma c’è ancora poca produzione rispetto alle richieste del mercato: i prezzi sono aumentati, ma ancora lontani dall’ottimo per la redditività dei nostri agricoltori”.
Il costo della manodopera preoccupa il comparto: “Per i prossimi anni il problema principale sarà trovare manodopera qualificata a prezzi sostenibili per l’azienda – dice Berni –. Il costo della raccolta incide troppo sul totale della produzione, siamo arrivati ad un’annata attuale in cui il costo ha inciso per l’80% sul prezzo finale dell’olio. Dobbiamo trovare altre soluzioni per fare in modo che l’olio possa andare sul mercato a prezzi accettabili e sia redditizio per gli agricoltori”.
Dai frantoiani stesso grido d’allarme
Il frantoio dell’OTA, Olivicoltori Toscani Associati (sede a Scandicci, Fi) ha lavorato 4 volte in più le olive rispetto allo scorso anno, passando da 6mila quintali del 2023 a 25mila quintali del 2024. “Nelle aree interne la campagna di raccolta – spiega il presidente OTA, Sandro Piccini – è stata ottima, i numeri parlano chiaro, e la qualità è stata davvero elevata. Sulla costa produzione praticamente in linea con lo scorso anno. Più basse del solito le rese: da un 7-8% di ottobre, ad un massimo di 13-14% di fine novembre”.
Ma per il presidente OTA il problema più grande dell’olivicoltura toscana è diventato quello della raccolta: “Con l’abbassamento delle rese, c’è chi ha lasciato le olive nella pianta perché non conviene raccogliere. E’ diventato un dramma. Oggi per far raccogliere un quintale di olive si va dai 50 euro fino ad 80 euro come nella provincia di Firenze (ma in tutte le aree interne collinari situazione simile). Quindi con questi costi di raccolta, ed una resa al 10%, conviene lasciare le olive nella pianta”.
Per Filippo Legnaioli, presidente del Frantoio del Grevepesa (San Casciano Val di Pesa, Fi) “è stata un’annata soddisfazione dal punto di vista produttivo, piante molto cariche dopo due anni sotto le aspettative”. Nel 2023 sono state frante 8mila quintali di olive e in questa campagna il Grevepesa è già a 16mila, ovvero il doppio. “Qualità molto buona, non ci sono stati attacchi di mosca”. Ma, anche in questo caso, le rese hanno rovinato l’annata: “Le rese sono state insoddisfacenti a causa delle piogge di ottobre, con frutti carichi di acqua: si è passati dalle rese di ottobre 8-9%, aumentate fino a 10,5-11% a novembre, ma ben al di sotto delle rese medie che da noi sono del 14%” dice Legnaioli. Altro effetto negativo delle basse rese “l’aumento dei costi di raccolta – spiega il presidente del Frantoio del Grevepesa – visto che si pagano a peso frutto-raccolto; quindi, i costi di frangitura hanno inciso di più. Questo è stato un problema”.
Fa il punto della raccolta olive in Maremma, Amos Unfer, Gie olivicolo Cia Toscana: “In questi due mesi olive sono state raccolte olive come mai negli ultimi dieci anni. Le caratteristiche di quest’anno oltre all’abbondanza, sono state le rese basse nel mese di ottobre, quando la media non ha superato il 10%. L’olio è di ottima qualità anche perché non c’è stata mosca dell’olivo: la quasi totalità dell’olio, il 92% rientra nella nuova norma dell’Igp che ha portato l’acidità da 0,6% a 0,45%. Il prezzo dell’olio, nonostante l’elevata produzione, è rimasto alto”.