Ecco come si determina la qualità di un olio extravergine di oliva

Analisi chimiche e sensoriale, un rapido approfondimento
AIPO
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Per i produttori e gli imbottigliatori d’oli extravergine d’oliva sono essenziali i controlli che ne determinano qualità e freschezza. Gli accertamenti da eseguire riguardano analisi chimiche e sensoriali. Le principali analisi chimiche che forniscono le prime e fondamentali indicazioni sulla qualità sono: l’acidità; i perossidi; i valori K232, 270, Delta K; i polifenoli totali e i tocoferoli.

I parametri chimici

L’olio d’oliva, come noto, è formato per il 98-99% di grassi – i trigliceridi – dove, ognuno di essi, è dato da un legame chimico dove i tre acidi grassi si uniscono a una molecola d’alcool, il glicerolo. Questo legame tra acidi grassi e glicerolo non è forte e, anche semplici azioni, come il contatto dell’olio con l’aria o l’opera di enzimi, ne causano la loro scissione, che è definita come ossidazione. Il processo di ossidazione, che libera il glicerolo dai tre acidi grassi, ha come conseguenza un innalzamento dell’acidità. L’acidità di un olio d’oliva, pertanto, misura la quantità di acidi grassi liberi ivi presenti. Per definirne l’acidità è stato preso come riferimento convenzionale l’acido oleico, perché è il grasso in maggior misura presente nell’olio d’oliva. È per questo che l’acidità dell’olio d’oliva è espressa in grammi di acido oleico libero su 100 grammi di olio e, per appartenere alla categoria degli extra vergini, è necessario che questo valore sia uguale o inferiore a 0,8%.

Altra analisi chimica da eseguirsi è la determinazione dei perossidi, che indicano l’ossidazione dei grassi insaturi e sono espressi in milliequivalenti/chilogrammo. I perossidi si formano per l’azione dell’ossigeno presente nell’aria che ossida i grassi, ma può avvenire anche per l’effetto di enzimi contenuti naturalmente nell’oliva, come la lipasi e la lipossidasi. La normativa prevede che i valori dei perossidi siano uguali o inferiori a 20, al di sopra si avrebbe un olio lampante. Le ossidazioni che avvengono nell’olio daranno, nel tempo, origine ad aldeidi e chetoni, composti che sono i responsabili del difetto sensoriale di rancido.

Gli esami sulla valutazione delle ossidazioni dei grassi continuano con accertamenti sulle successive trasformazioni degli acidi grassi dopo le ossidazioni, che portano a formare composti con doppi legami, chiamati dieni, o di tre doppi legami, denominati trieni. Questi nuovi composti si determinano in base alla loro possibilità di assorbire la luce ultravioletta alle lunghezze d’onda di 232 – 270 – 268 nanometri.

Abbiamo così due valori: il valore denominato K232 che rileva la formazione di dieni, che si originano quando le olive sono eccessivamente mature o danneggiate o attaccate dalla mosca, oppure se si attua una gramolazione in condizioni non ottimali o se vi è un‘aggiunta fraudolenta di olio rettificato. Alti valori di K232 danno origine a presenze di difetti come il vermato o il cotto. L’attuale normativa ne prevede un valore massimo per l’olio extra vergine pari a 2,50.

L’altro valore è denoiminato K270 e rileva la formazione dei trieni, che sono in grado di compromettere il gusto e la qualità dell’olio stesso e di non renderlo più extra vergine: il suo valore può crescere anche in seguito ad una conservazione prolungata. Secondo la normativa vigente il valore massimo per l’olio extra vergine è 0,22.

Il parametro Delta K, valuta infine lo stato di ossidazione secondaria dell’olio extra vergine di oliva, ossia se la struttura dell’olio si è ulteriormente modificata dopo la formazione dei doppi legami in tripli legami coniugati. Il valore massimo previsto per l’olio extra vergine è 0,01.

I polifenoli

La qualità di un olio si esprime pure per la presenza di polifenoli, responsabili del gusto amaro e piccante: sono sostanze antiossidanti e aiutano l’olio a conservarsi nel tempo in quanto lo proteggono dall’azione ossidativa dell’aria e degli enzimi. Non esiste un valore preciso e universale che definisca un “ottimo” contenuto di polifenoli, poiché questo può variare significativamente in base a diversi fattori (varietà delle olive, zona di produzione, grado di maturazione, metodo di trasformazione, ecc.) Generalmente, si considera un buon olio extravergine di oliva quello con un contenuto di polifenoli superiore a 200 mg/kg. Tuttavia, oli di alta qualità possono arrivare a superare i 500 mg/kg, e in alcuni casi anche i 1000 mg/kg. Un altro importante gruppo di antiossidanti sono i tocoferoli, definiti anche come provitamina E.

Il panel test

La normativa europea (Reg. CE 2568/91 e seguenti) prevede poi, per la corretta classificazione degli oli vergini di oliva, l’obbligatorietà dell’analisi sensoriale. Questa avviene tramite il panel test affidato ad un gruppo di assaggiatori qualificato che valuta oggettivamente le caratteristiche organolettiche di un prodotto,  attribuendo ad esso la corretta categoria commerciale (extra vergine, vergine, lampante).

La classificazione è data tenendo conto degli attributi positivi (fruttato, amaro e piccante) e dell’eventuale presenza di difetti (riscaldo, morchia, muffa, avvinato, inacetito, rancido, altri). 

Direttore AIPO
Associazione Interregionale
Produttori Olivicoli

 

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Tags: Aipo, analisi chimica, Enzo Gambin, in evidenza, panel test, qualità olio

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