Mercato dell’olio di oliva, i nuovi scenari su prezzi e consumi

Nel settore dell'olio di oliva italiano e internazionale sta regnando un “equilibrio competitivo”, dove ogni attore compie le proprie scelte tenendo d’occhio i concorrenti, in un sistema in cui nessuno può dominare, ma ognuno cerca almeno di non soccombere
Economia
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di Francesca Gambin e Roberta Ruggeri
Ufficio economico di Aipo

L’olio extravergine d’oliva è il risultato di una cultura millenaria, di economie radicate nei territori e di un’identità mediterranea profondamente interconnessa con la natura. Oggi il mercato dell’olio extra vergine d’oliva vive una condizione paradossale: mentre i listini sembrano stabili, sotto la superficie si agitano dinamiche silenziose che rendono precario ogni equilibrio.

Il settore è attraversato da tensioni, invisibili ma forti, che coinvolgono l’intera filiera, dalla produzione al consumo. In Italia, il prezzo medio dell’olio extra vergine ex-frantoio si attesta attualmente tra i 9 e i 10,20 €/kg, con punte superiori agli 11 € per gli oli certificati DOP o da agricoltura biologica.

Questa apparente “tenuta” dei prezzi nasconde però una situazione di forte instabilità strutturale.

I produttori stanno adottando strategie prudenti, regolano i volumi messi sul mercato, ritardano o anticipano la vendita, ricalibrano le proprie politiche commerciali. È il classico scenario dell’ “equilibrio competitivo”, dove ogni attore compie le proprie scelte tenendo d’occhio i concorrenti, in un sistema dove nessuno può dominare, ma ognuno cerca almeno di non soccombere.

Oltre alla competizione tra imprese, pesano in maniera crescente le cosiddette “variabili microeconomiche”. In alcuni casi, la necessità di liquidità costringe le aziende a cedere olio a prezzi inferiori, talvolta sacrificando qualità e posizionamento. In altri, si immettono sul mercato lotti di olio “stanco”, ossia prodotti che hanno superato l’anno di conservazione e che, pur rimanendo vendibili, presentano un decadimento delle caratteristiche sensoriali originarie.

È una dinamica ben nota nella “teoria dei mercati reali”, in presenza di condizioni avverse, le scelte economiche non rispondono più a logiche ideali, ma diventano adattamenti forzati. Anche il confronto con i principali competitor europei racconta una realtà fatta di profonde differenze strutturali.

In Grecia, il prezzo medio dell’olio si aggira attorno ai 4,20–4,50 €/kg, mentre in Spagna, soprattutto in Andalusia, si va dai 3,65 ai 4,10 €/kg. Queste distanze non sono solo il frutto di una minore qualità percepita, ma derivano anche da costi di produzione inferiori, maggiore meccanizzazione, politiche fiscali diverse e da una struttura distributiva più orientata alla GDO. È un esempio concreto di “discriminazione spaziale” dei prezzi, lo stesso prodotto assume valore diverso a seconda del contesto geografico, culturale e logistico in cui viene scambiato.

Sullo sfondo, incombe la variabile più inquietante, che è il il clima. La campagna olearia 2024–2025 è stata fortemente compromessa da un’estate torrida e prolungata che ha danneggiato la fioritura e ridotto l’allegagione. Le piogge intense di fine settembre hanno poi aumentato l’umidità e favorito lo sviluppo di patologie fungine. Il risultato è una resa in olio spesso inferiore al 10%, con punte molto più basse in alcune zone del Centro-Nord, in particolare in Veneto, Umbria e Lazio.

Secondo le stime, la produzione nazionale ha subito un calo complessivo del 30–40%, con riflessi inevitabili sui prezzi, ma anche sulla qualità. I costi di produzione italiani, del resto, restano tra i più alti in Europa, la raccolta è per lo più manuale, soprattutto nelle zone collinari; la pressione di fitopatie, come la mosca olearia, è sempre più imprevedibile a causa dei cambiamenti climatici, impone nuovi investimenti in monitoraggio e difesa; i costi energetici e della manodopera sono aumentati; e molti interventi (reti antimosca, irrigazione di soccorso, frangitura precoce) comportano spese che raramente vengono compensate dai prezzi di mercato.

La marginalità, anche quando i listini sono elevati, rimane comunque fragile.

Guardando al futuro, l’evoluzione del mercato dipenderà in larga misura dall’andamento climatico della prossima estate e dalla capacità dei principali Paesi produttori di recuperare volumi. Uno scenario di scarsità protratta manterrebbe alti i prezzi, ma rischierebbe di comprimere ulteriormente i consumi. Al contrario, un ritorno all’abbondanza, soprattutto in Spagna, potrebbe provocare un crollo improvviso delle quotazioni, con effetti destabilizzanti per il comparto italiano.

Intanto, si fa sempre più diffusa la tendenza a realizzare blend comunitari o extra UE per cercare un compromesso tra qualità e sostenibilità economica. In definitiva, il mercato dell’olio extra vergine italiano è oggi un “laboratorio economico” dove si incontrano strategie commerciali, fenomeni climatici, percezioni culturali e vincoli strutturali. Un contesto dove la “conoscenza” diventa uno strumento decisivo per chi produce, per chi vende, ma anche per chi, come consumatore consapevole, vuole continuare a scegliere non solo in base al prezzo, ma anche al valore profondo di ciò che porta in tavola.

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