Il tema delle ondate di calore e gli effetti sulla produzione, resta al centro dell’attenzione in queste giornate dove le temperature stanno raggiungendo picchi elevati. Al netto di interventi di protezione con caolino o altra polvere di roccia, Enrico Maria Lodolini (nella foto), professore associato presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona, non ha dubbi sul fatto che convivere con stagioni sempre più siccitose sia possibile per l’olivicoltore, a patto che si adottino adeguate soluzioni: “L’olivo, lo sappiamo bene, è una specie fortemente tollerante allo stress idrico. Ma per avere produzioni costanti occorre la mano dell’uomo. E di strumenti ce ne sono”.
Gli effetti dello stress idrico sulla pianta
Dott. Lodolini, quali effetti produce lo stress idrico alla pianta?
“Il primo effetto, ma non l’unico, è una riduzione della produzione. La pianta tende a disseccare i suoi frutti e a farli cadere per trattenere acqua per la propria sopravvivenza. D’altra parte, si potrebbe dire, che se lo può permettere: vivendo centinaia d’anni, non è per essa un problema se qualche annata non produce olive”.
Non l’unico effetto diceva: quali altri?
“Nelle piante giovani lo stress idrico porta ad una crescita stentata e ad un ritardo nell’entrata in produzione. L’assenza d’acqua riduce inoltre il tasso di fotosintesi e quindi genera una minore produzione di carboidrati per la crescita vegetativa della pianta o dei suoi frutti. Altro effetto si ha anche sull’olio: in asciutto, oltre al minor accumulo di olio nei frutti, gli oli risultano più amari e piccanti perché più ricchi di polifenoli. Certo, questo sarebbe un valore aggiunto per la qualità, ma può anche comportare difetti sotto il profilo organolettico con una sensazione di fieno-legno poco gradevole che il nocciolo tende a rilasciare”.
È facilmente percepibile quando una pianta va in stress idrico?
“Decisamente. Foglie accartocciate o frutti raggrinziti sono sintomi di uno stress idrico avanzato. Ovviamente sarebbe opportuno non arrivare a tali livelli di carenza idrica”.
I possibili rimedi
Veniamo all’irrigazione…
“…per dire subito che ha grandi benefici, specie nelle piante giovani. L’irrigazione a goccia è sicuramente consigliata laddove vi sia capacità irrigua. Si tratta di ali con gocciolatori autocompensanti che, specie negli impianti ad alta o altissima densità, diventano fondamentali. La scelta del posizionamento delle ali gocciolanti (sospesa, a terra o sotto terra), della distanza dei gocciolatori, del turno e delle dosi di adacquamento variano in base alle condizioni pedo-climatiche specifiche e alle caratteristiche dell’impianto irriguo”.
E dove non c’è acqua?
“Negli oliveti tradizionali va aumentato il contenuto di sostanza organica nel terreno. La sostanza organica è una spugna in grado di trattenere fino a 10-15 volte il proprio peso e a termoregolare il suolo. Dunque, dobbiamo inerbire gli oliveti, trinciare i residui di potatura, apportare sostanza organica esterna come il compost o i residui di altre coltivazioni e, se disponibile in azienda, distribuire il letame”.
Le innovazioni legate all’agricoltura 4.0 possono essere di supporto?
“Certamente, esiste una sensoristica evoluta in grado di monitorare il livello d’acqua nel suolo o nella pianta, permettendoci di capire da remoto quando è il momento per irrigare. Sono i cosiddetti Sistemi di Supporto alle Decisioni (DSS), vale a dire dispositivi utili ad aiutare l’azienda a decidere il momento ottimale per intervenire non solo per una migliore gestione dell’acqua, ma anche per la difesa fitosanitaria o per la concimazione. Tra l’altro sono strumenti che beneficiano di sostegno pubblico e dunque sono vivamente da consigliere soprattutto per chi è indirizzato verso un’olivicoltura moderna dove si punta a produrre quantità e qualità elevate”.