Se l’oliveto del vicino è sempre più verde…

Alcune semplici regole da seguire per un buon impianto
Gocce d'olio
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Parlerò di olive e di come si dovrebbero scegliere le varietà (o cultivar) da piantare. Nel mondo sono censite all’incirca 1300 tipi diversi di olive; in Italia ne sono presenti circa 700 e oltre 500 sono correntemente coltivate e utilizzate per produrre olio.
La scelta delle varietà da mettere a dimora incide in modo determinante sulla quantità e la qualità del prodotto e deve essere effettuata tenendo ben presente le tecniche di coltivazione, le condizioni del suolo e del clima, le strategie di mercato e il risultato in olio che si vuole ottenere.
È però difficile che i requisiti necessari e sufficienti per una produzione abbondante, di qualità e che sia ben accolta dal mercato siano presenti in un’unica cultivar e quindi si è soliti mettere a dimora diverse varietà.
Alcune semplici regole da seguire:
1) Scegliere almeno due o tre diverse cultivar, possibilmente con una buona e reciproca impollinazione e con diverse resistenze in caso di avversità climatiche o parassitarie; una forte gelata non rovinerà quella meno sensibile al freddo, un attacco di mosca risparmierà la cultivar più resistenti all’insetto, un estate siccitosa creerà meno problemi alle piante meno abituate alla pioggia…
2) Preferire le varietà autoctone, locali, che già da tempo sono presenti sul territorio perché garantiscono una più facile adattabilità alle condizioni ambientali. Varietà non locali o di nuova selezione seppur dotate di numerosi pregi spesso hanno crescita difficoltosa, problemi fitosanitari e modesta produzione in aree diverse da quelle ove sono prodotte o normalmente coltivate. Piante che crescono rigogliose in Sicilia dove sole e siccità sono elementi costanti, non daranno lo stesso risultato se messe a dimora su un lago del nord Italia.
3) Disporre le diverse cultivar in file distinte e separate permettendo una raccolta differenziata in base ai diversi periodi di maturazione e consentendo la produzione di oli monovarietali che possono essere usati in purezza (o in successive miscele). Alcune cultivar maturano prima di altre e poterle differenziare rende più omogenea la raccolta e semplifica la scelta del giusto momento di raccolta.
4) Usare materiale vivaistico certificato o di provenienza certa per avere garanzie genetiche e sanitarie; questo garantisce ovviamente il tipo di cultivar, ma cosa più importante garantisce che le piante sono prive di virus e parassiti.
5) Approvvigionarsi nel limite del possibile di piante allevate nella stessa fascia climatica del terreno ove andranno messe a dimora; se devo impiantare in Lombardia del Frantoio o del Leccino è opportuno che questo venga acquistato nel nord Italia e non in Calabria.
6) Scegliere varietà che hanno una compatibilità con le condizioni climatiche. Al nord per esempio scegliere piante che vanno in letargo presto e resistono al freddo, e che abbiano un accumulo di olio precoce, al fine di anticipare il più possibile la raccolta per evitare danni ai frutti causati da attacchi tardivi di mosca o dall’abbassamento delle temperature.
7) Preferire piante ottenute da talea e cioè da un rametto della pianta che appositamente tagliato e sistemato nel terreno o nell’acqua dà vita ad un nuovo esemplare. È vero che inizialmente hanno una maggiore necessità di acqua, ma hanno il vantaggio di entrare prima in produzione a differenza delle piante riprodotte per innesto o per seme.
8) Evitare l’utilizzo di piante provenienti da polloni che sono quei rami che si sviluppano direttamente ai piedi dell’olivo, perché tendono a conservare a lungo una forte spinta vegetativa a fronte di una ridotta produzione di olive.
9) Mettere a dimora piante già radicate, di almeno tre anni, perché attecchiscono più facilmente, hanno già una loro robustezza e se ben curate entrano in produzione in un paio di anni.
10) Se il terreno si trova in area Dop o Igp e si vuole produrre olio certificato è indispensabile tener conto delle indicazioni del disciplinare e quindi vanno messe a dimora le cultivar in esso specificate, seguendo le indicazioni che ho dato.
11) Tenere sempre ben presente le future modalità di potatura e raccolta delle olive e la densità dell’impianto; oggi le piante sono piccole e ben gestibili, ma tra una decina di anni? Le chiome si toccheranno? SI faranno ombra? Ci passerà ancora un trattore in mezzo? E raccoglierò a mano o con l’ausilio di macchinari? L’impianto va progettato bene all’inizio per avere ottimi risultati nel tempo.
12) Ultimo ma non per importanza: il cliente. Il tipo e la quantità di olio che produrrò dovrà essere quella necessaria al mio mercato, che dovrei ben conoscere e dovrei avere analizzato prima di iniziare questo tipo di produzione. Dico dovrei perché il condizionale del mondo dell’olio è obbligatorio.
Spesso queste semplici regole sono soddisfatte in modo empirico, sporadico e non rigoroso. Infatti non sempre viene data una grande importanza al tipo di cultivar presente sul territorio, men che meno all’olio prodotto o alle necessità del cliente finale. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che nel tempo le varietà sono state selezionate dagli olivicoltori non in base alle caratteristiche peculiari delle varie cultivar – forse poco note in passato – ma in base alla capacità di adattamento delle piante al clima, al territorio, ai parassiti e alle malattie: gli olivi che producevano e sopravvivevano, erano riprodotti indipendentemente dalle loro proprietà.

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