Cresce di anno in anno la superficie olivicola biologica in Italia. E a ritmi sempre più marcati. Dal 2021 al 2022 si è registrato un aumento di oltre il 10% (10,5 per l’esattezza) che ha portato il patrimonio olivicolo nazionale a raggiungere i 273.624 ettari. Un bel salto in avanti non solo rispetto ai 247.638 ettari dell’anno precedente, ma a ben guardare nel lungo periodo: basti pensare che nel 2010 gli ettari ad oliveto convertiti in biologico erano appena 140 mila, vale a dire praticamente la metà di quelli attuali.
Ad oggi la superficie olivata biologica è pari al 27,5% sul totale (poco meno di un milione di ettari). Una percentuale che vede, in fatto di bio, il settore olivicolo dietro solo a quello degli agrumi (31,5%) e decisamente più avanti del vino (fermo a 21.3%). Per l’oliveto nazionale, dunque, superato con largo anticipo il target del 25% previsto dalla Strategia Farm to Fork al 2030 per trasformare il sistema alimentare europeo più sostenibile.
Ma attenzione: tenendo conto dell’effettiva produzione olearia biologica, è evidente a tutti che la stessa sia sottodimensionata rispetto agli ettari bio, cosa che conferma la decisione di molti produttori olivicoli di convertirsi al biologico solo per accedere ai contributi previsti dai vari Piani di Sviluppo Rurale, senza poi certificare l’olio prodotto. Una tendenza che vale a maggior ragione per quel 35% di olivicoltori che producono olio per autoconsumo. Ismea stimava qualche anno fa che appena il 9% dell’olio prodotto in Italia è infatti certificato biologico.
Ad ogni modo, le regioni che registrano un maggior numero di oliveti in biologico sono ovviamente quelle che anche in convenzionale hanno maggiore densità: la Puglia può vantare 88.652 ettari di oliveti biologici, davanti alla Calabria con 69.034 e alla Sicilia con 35.038. Quarto posto per la Toscana che registra 25.879 ettari di oliveti in biologico, mentre sono superiori ai 10 mila ettari anche Campania (12.892) e Lazio (10.950).
I dati sono contenuti nell’ultimo rapporto “Bio in cifre” realizzato da Ismea e presentato a L’Aquila nei giorni scorsi dal quale è anche emerso che i consumi di prodotti biologici purtroppo crescono ad un ritmo inferiore rispetto all’agroalimentare tradizionale, benché segnali confortanti stanno giungendo dal canale ho.re.ca. legato alla ristorazione dei pubblici esercizi.
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