La Valle d’Aosta si iscrive tra le regioni olivicole italiane e punta a realizzare il suo primo frantoio pubblico per dare risposta agli oltre 100 produttori che hanno scelto di dedicarsi a questo tipo di coltivazione. Complice i cambiamenti climatici, la regione è diventata infatti un territorio che ben si presta all’olivicoltura, con oltre 4 mila piante distribuite su terrazzamenti ed una produzione di poco meno di 40 quintali di olio. Frantoio e Leccino le varietà prevalenti, con Pendolino come impollinatore e una raccolta che si concentra nel mese di ottobre. Tutte le operazioni colturali avvengono manualmente, con evidenti sacrifici misti a passione, tenuto conto delle condizioni orografiche e che ancora non vi sono numeri per essere considerata una vera e propria attività da reddito. Ad oggi le olive vengono portate in un frantoio a Settimo Vittone, nel vicino Piemonte, ma, con la crescita esponenziale di produzione, si è capito perfettamente che la regione è nelle condizioni di poter avere a disposizione un frantoio, necessariamente di proprietà pubblica, a servizio di tutti. Già un primo Comune – Donnas – ha dato la propria disponibilità a realizzarlo e sono in corso interlocuzioni con la Regione per il relativo finanziamento.
Dario Martinelli (nella foto), presidente della giovane Avo – Associazione valdostana olivicoltori è stato il primo, una trentina di anni fa a impiantare olivi. “Già, più per passione che per attività agricola vera e propria – confida – anche perché all’epoca raccoglievo le olive sotto la neve e le portavo a molire a Genova. Ora, con i cambiamenti climatici in atto, raccogliamo a metà ottobre in canottiera e sempre più oliveti si vedono spuntare nella vallata a sud di Aosta. Erano 300/400 piante due anni fa, sono decuplicate oggi, con un trend in continua crescita”.
Tanti gli obiettivi che l’Associazione – a cui aderiscono praticamente tutti gli olivicoltori della regione – si pone nel prossimo futuro. “Ma procediamo sempre con i piedi di piombo – aggiunge con proverbiale saggezza di montagna Martinelli – l’importante, ci siamo detti nel direttivo, è che ora tutti ci concentriamo per un prodotto genuino, sano, rigorosamente biologico. Poi ci sarà tempo di valutare marchio, certificazione e quant’altro utile per una valorizzazione dell’extravergine valdostano”.
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