È in edicola on line “Il Salvagente” che, nel suo ultimo numero, uscito quest’oggi, fornisce nomi e cognomi dei 20 campioni di olio extravergine acquistati il 6 febbraio scorso in supermercati o discount di Roma e fatti analizzare. Si tratta di oli comunitari e, in un caso, di un blend tra oli comunitari ed extracomunitari. I risultati, in linea con altre indagini condotte dalla stessa rivista, evidenziano che – per ben 11 casi, di cui 6 private label, cioè a marchio del supermercato o del discount – il contenuto in realtà è da considerarsi come semplice olio vergine. A ridurre la categoria di classificazione è stata l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Roma a cui la rivista ha inviato i campioni per la prova organolettica del panel test, vale a dire l’analisi sensoriale obbligatoria per legge per classificare un olio (conformi ai limiti di legge, invece, i parametri chimici).
Se, sotto il profilo nutrizionale, questi risultati non arrecano alcun rischio per il consumatore perché comunque l’olio è perfettamente commestibile, la questione trova rilevanza per l’aspetto economico, perché ovviamente sono stati venduti come oli extravergini, e dunque ad un prezzo più alto dei vergini (prezzo che Il Salvagente stima intorno a +20/30%).
L’acquisto degli oli nei punti vendita – ricorda Il Salvagente – è avvenuto prelevando più bottiglie dello stesso lotto dagli scaffali, facendo attenzione a scegliere quelli con data di scadenza più lontana e che fossero distanti da fonte di calore. Le analisi hanno evidenziato difetti di riscaldo/morchia in 2 campioni (olio ottenuto da olive ammassate con grado di fermentazione o olio dove sono avvenute reazioni fermentative per la presenza di piccole impurità), rancido in 5 bottiglie (olio che ha subito un processo ossidativo intenso) e muffa/umidità in 4 oli (difetto caratteristico dell’olio prodotto da frutti nei quali si sono sviluppati abbondanti funghi e lieviti per essere rimasti ammassati per molti giorni e in ambienti umidi).
La rivista ha correttamente pubblicato anche le risposte delle aziende sulle criticità rilevate, le quali si basano sostanzialmente sul fatto che il loro lotto risultava extravergine una volta imbottigliato, anche dal punto di vista organolettico, declinando ogni responsabilità su come sia stato poi conservato ed esposto sugli scaffali.
Dove sta la ragione? Si tratta di oli che erano ai limiti della classificazione di extravergine quando sono stati imbottigliati oppure di oli conservati male sugli scaffali?
L’Olivo News – che è un quotidiano di informazione e non di opinione – non si sbilancia, avendo fatto proprie le parole di un padre del giornalismo come Sergio Lepri: “Caro giornalista, le opinioni lasciale ai lettori, tu limitati a raccontare i fatti. Perché il lettore non è uno stupido ed è in grado di farsi una opinione per conto proprio senza che tu gli imponga la tua”.
Possiamo riportare allora due dati oggettivi utili per aiutare questa opinione: uno legato ad una analisi di mercato, fatta recentemente da Italia Olivicola, che ha evidenziato come il freno ai prezzi civetta dell’olio extravergine nei supermercati e nei discount – generalmente basato su oli comunitari o extra Ue – abbia frenato questo tipo di vendite (e dunque con maggiore presenza di tali bottiglie sugli scaffali); l’altro di scienza, da parte di Maurizio Servili dell’Università di Perugia, i cui studi hanno portato al risultato che ad un olio extravergine, ancorché confezionato in una bottiglia di vetro verde scuro, bastano appena 5 mesi di esposizione alla luce degli scaffali di un supermercato per essere danneggiato dalla foto-ossidazione e modificarne così il sapore, perdendo progressivamente non solo le proprietà salutari, ma anche i requisiti per classificarsi extravergine.
Interessante, in conclusione, quanto dichiarato da Gennaro Sicolo, presidente di Italia Olivicola al Salvagente: “Al Consiglio oleicolo internazionale stiamo lavorando per dare nuove regole al settore. I 18 mesi di scadenza per un extravergine non possono più partire dall’imbottigliamento ma dalla data del raccolto, altrimenti le qualità organolettiche di un alimento vivo come l’olio, vengono per forza compromesse. Gli oli quando vengono imbottigliati sono conformi, il problema è il modo in cui vengono conservati sugli scaffali e le condizioni di acquisto imposte dalla Gdo”.
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