“Col metodo di potatura VSRAF oliveto più produttivo del 50%”

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L’acronimo non è certamente dei più suggestivi: VSRAF, che sta per vaso semplificato del rinnovo ascensionale facilitato. Ma lui giura che questo sistema di potatura di olivo garantisce il 50% in più di produzione di olio. Lui è Manuel Piffer di Carrara (nella foto mentre tiene un corso), potatore e docente di potatura. Ha messo a punto questa tecnica dopo tanti anni di lavoro tra l’alta Toscana e la Liguria di levante che merita di essere raccontata.
Manuel Piffer, in epoca di vaso policonico, perché questo nuovo modo di pensare alla potatura?
“Diciamo subito che alcuni principi del vaso classico la VSRAF li rispetta. Ma ha un approccio diverso: il vaso policonico semplifica tantissimo le forme geometriche e la sua foltezza la adatta a qualsiasi pianta, senza far differenza tra cultivar, età, sesto di impianto. Il metodo che ho sviluppato prende invece in considerazione una serie di regole di calcolo e formule che, applicate, danno luogo a potature diverse a seconda dell’oliveto dove andiamo ad operare. Stimola insomma una notevole professionalità intellettuale, non semplicemente meccanica, nell’esecuzione dei tagli. Richiede una formazione più complessa”.
E, come sostiene lei, l’oliveto produce meglio, giusto?
“I vantaggi sono notevoli. Lasciamo stare quello paesaggistico, che comunque rappresenta un valore e il metodo VSRAF riesce sicuramente ad armonizzare meglio le piante con il paesaggio circostante. Ma è proprio l’aspetto legato al reddito che è la vera sorpresa. Fatte ripetute prove ad ettaro, con stesse condizioni, stesso clima, stesso terreno, stesse varietà, stesso sesto d’impianto, l’oliveto potato con il mio sistema genera più olio rispetto a quello potato a vaso policonico”.
Lo ha stimato questo vantaggio economico?
“Il metodo VSRAF richiede, a parità di costo di manodopera regolarmente assunta, circa 1,5/2 euro in più a pianta, ma l’olivicoltore ne prende 8 euro di olio in più. E siccome il reddito è la differenza tra ricavi e spese, i conti sono presto fatti. Forse 6 euro sono poca cosa per chi ha qualche pianta, diventano viceversa un valore interessante per chi ne ha centinaia o migliaia. Di fatto il reddito nello stesso oliveto aumenta del 50%”.
Entriamo nel dettaglio, allora: come agisce la VSRAF?
“Con una semplificazione della struttura scheletrica precedentemente allevata a vaso policonico. Le quattro branche principali si sviluppano ciascuna con due rami secondari ad angolo a forma di Y, creando una dicotomia, vale a dire la divisione di un ramo in due rami di uguale diametro che formano, rispetto al ramo originario, due angoli della stessa grandezza. Il vaso policonico ne toglie uno a prescindere, il VSRF valuta invece quattro fattori prima di decidere se mantenere o meno la dicotomia (nella foto, schematizzate, una branca del policonico e una branca della VSRAF)”.
E quali sarebbero?
“Innanzitutto, il diametro di ognuno dei due rami: più è grande, più è facile che uno dei due vada tagliato. Secondariamente l’altezza da terra: all’aumentare di essa vi è una maggior probabilità che la dicotomia vada tolta lasciando un solo ramo. Terzo fattore la trasversalità rispetto all’asse centrale: più divaricano i rami, più facile che uno sia asportato. Infine, l’inclinazione sull’asse orizzontale: più l’inclinazione è orientata verso l’alto, più probabile che la dicotomia venga dimezzata. Sono questi i 4 fattori della dicotomia la quale viene ridotta a metà se la media dei 4 fattori è scarsa come giudizio e se anche uno solo dei 4 fattori è pessimo”.
Tutto qui?
“Certo che no, ci sono almeno altri due aspetti da tenere in considerazione”.
Cominciamo con il primo
“Le branche laterali da non confondere con la dicotomia. Dalle branche principali partono rami di diametro inferiore. Nel vaso policonico si asporta tutto ciò che supera la metà del diametro principale. Nella VSRAF non conta la proporzione, ma vengono misurati i centimetri assoluti della nuova branca ed il suo posizionamento. Se siamo ad un metro da terra, vanno tolti solo i rami laterali che superano i 12 centimetri. Se siamo a 4 metri, restano solo quelli fino a 4 centimetri di diametro. Insomma, più si va verso l’alto, più si diventa severi”.
Ed il secondo aspetto?
“Altrettanto importante: quello dei succhioni. Non vanno eliminati tutti, una piccola parte va conservata. Non è uno spreco vegetativo, serve piuttosto, se non sono posizionati troppo in alto, a rinnovare il verde all’interno, per evitare di trasferire la produzione sempre più in alto e sempre più all’esterno”.
Più specificatamente?
“Qualora non vi siano deformazioni nel tessuto legnoso, i succhioni salvati vanno inarcati mettendoli in piega sotto altri rami e, qualora non vi siano altri rami sotto cui piegarli, si provvede ad una deformazione permanente effettuata inarcandoli a mano in tutta la loro lunghezza fino a far descrivere loro un giro completo e poi rilasciandoli”.
Di questa sua tecnica ne ha fatto una professione. Con quali prospettive?
“Diciamo subito che questa tecnica è stata perfezionata nel tempo e la sua versione definitiva può essere datata 2015. Ma solo da inizio 2021 ho tenuto corsi, sia pubblici che aziendali, che hanno coinvolto circa 140 operatori. Il mio sogno però sarebbe quello di coinvolgere una università per pianificare uno studio approfondito che richiede necessariamente tanti terreni e diversi anni per risultati attendibili. Che sono assolutamente sicuro confermeranno queste mie prime indicazioni”.

 

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