Infuso di foglie di olivo: come si prepara e come si vende

Riproponiamo un'esperienza internazionale di successo
Gocce d'olio
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Qualche anno fa, in Sudafrica, ebbi il piacere di condurre molte sedute di assaggio, conoscere aziende fantastiche e intrattenere proficue discussioni tecniche, rendendomi conto di persona che l’olivicoltura era molto sviluppata e all’avanguardia.
Tra tutte un’esperienza mi aveva colpito: un’azienda a conduzione familiare, con circa 3.500 piante con un’età variabile tra i 6 e i 20 anni distribuite su 5 ettari, a 300 metri di altezza, quasi tutte ben esposte a nord (ricordo che siamo nell’emisfero sud del mondo). Mission e Frantoio costituiscono la maggior parte dell’oliveto, nel quale c’è anche Nocellara del Belice, Manzanilla, Coratina e FS17.
Quello che mi aveva colpito era come i titolari avessero concepito l’intero ciclo aziendale, frequentando corsi in tutta Europa e confrontandosi con prodotti e produttori di tutto il mondo, cercando di comprendere come fare un ottimo extravergine e al tempo stesso riutilizzare gli scarti. Ed è così che in pochi anni è nata un’azienda biologica, che produce oli pluripremiati in concorsi nazionali e internazionali, ma soprattutto che riutilizza tutti gli scarti della coltivazione e della lavorazione. Qui focalizzo l’attenzione sugli scarti della potatura e cioè i rami e le foglie.
Come si fanno – La potatura viene fatta utilizzando forbici elettriche nei mesi estivi (per noi), tra agosto e settembre, e già in campo si fa una prima e semplice selezione, separando i rami che si presentano più rigogliosi, con foglie sane, omogenee, più o meno della stessa grandezza dal resto del tagliato. I rami selezionati sono portati in un’area di cernita sotto un porticato, dove vengono puliti con acqua nebulizzata e aria compressa, spazzolati se necessario e controllati visivamente. Le foglie provengono da agricoltura biologica e non hanno bisogno di particolari sistemi di pulizia.
Di seguito i rami sono ricoverati su semplici telai artigianali o adagiati in mazzi su reticolati sollevati da terra, a seconda del prodotto che si vuole ottenere, in un locale adibito ad essiccatoio, che ha pavimento e pareti ricoperte di piastrelle, un’ampia vetrata rivolta a sud (che è il nostro nord: le foglie devono sempre stare in ombra, mai alla luce diretta del sole).
La ventilazione è controllata dall’apertura della vetrata che viene regolata a seconda delle necessità, controllando così il flusso di aria che entra dalla porta d’ingresso che si trova proprio di fronte ed è realizzata in rete finissima.
Termometro e igrometro monitorano i paramenti minimi e corretti necessari al processo di essicazione.
Questo camino naturale è il motore di tutto il ciclo produttivo. Ogni tanto i rami vengono spostati, più per controllarne la buona salute che per una reale necessità di evitare possibili ristagni di umidità. Tutto qui.
Ovviamente c’è un deumidificatore e una stufa elettrica per controllare il processo di essiccazione perché in aziende come questa che producono foglie essiccate anche durante l’anno, oppure in periodi molto piovosi o particolarmente freddi può esserci la necessità di modificare l’umidità e la temperatura.
Ricordo che più la temperatura, la ventilazione e l’umidità sono costanti e prossime a quelle ideali di essiccazione e più il prodotto mantiene inalterate le sue peculiarità.
Al termine del processo le foglie vengono nuovamente controllate e pulite con aria compressa.
Dai rami che erano appesi vengono delicatamente staccate le foglie intere, che vengono principalmente confezionate in sacchetti o barattoli trasparenti, affinché le si possa vedere.
Dai rami in mazzi invece sono staccate le foglie con l’ausilio di pettini e poi sono messe in una sorta di tritacarne che le sminuzza. Poi vengono imbustate nei sacchetti di carta filtro 6 x 7 centimetri, quelli con il filo, che solitamente usiamo quando prepariamo te o tisane in tazza.
In entrambi i casi una produzione simile a quella del tè: bustine già pronte da mettere direttamente in tazza oppure foglie intere destinate alle teiere con filtri in acciaio.
Ovviamente le confezioni sono sontuose: alluminio stampato, cartone pregiato, fogli descrittivi del modo d’impiego e delle proprietà salutistiche.
Come si usano – Le foglie, nella misura di circa cinque grammi a persona, vanno messe in un filtro di acciaio (oppure direttamente nel contenitore e filtrate quando si versa il liquido) e lasciate in infusione in acqua bollente per circa cinque minuti. Le bustine, invece, che contengono la quantità ottimale per una persona, vanno messe direttamente nella tazza contenente acqua bollente sempre per cinque minuti.
Quanto costano – Questa azienda vende le sue confezioni in pochi e selezionati negozi in Canada, Belgio, Inghilterra, Francia. Sullo scaffale una bustina di questo infuso può arrivare a costare anche € 2,00 se ben confezionata.
Ripeto: una bustina da 5 grammi: € 2,00.
Questo ci fa dire – anche se il calcolo non è ovviamente coretto perché non può essere frutto di una semplice moltiplicazione – che un chilogrammo di foglie di olive essiccate di questa azienda può arrivare a costare € 400,00.
Sempre sullo scaffale una confezione di foglie intere può arrivare a € 15,00 per 50 grammi.
Ovviamente non è il prezzo pagato al produttore e siamo in un mercato di nicchia e ci sono aziende che vendono foglie essiccate a € 80,00 al chilogrammo e probabilmente ce ne saranno altre che le vendono meno.
Questi numeri ci servono per comprendere facilmente che uno dei principali scarti di lavorazione dell’olivo invece che un costo (e cioè quello di smaltimento: in qualsiasi modo lo si usi – trinciato, interrato, bruciato – è comunque un costo. Anche se minimo ma è un costo) può diventare una fonte di reddito complementare di facile realizzazione.
E forse anche qualcosa di più se pensiamo che un quintale di olive nella recente campagna è stato pagato dai € 60,00 ai € 90,00: sappiamo bene quanta fatica e quanta spesa ci vuole per produrre un quintale di olive sane.

 

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Tags: Antonucci, foglie, in evidenza

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