Qual è lo stato di salute dei frantoi italiani? La domanda è pertinente in vista dell’emanazione a fine mese, da parte di ciascuna Regione, del bando per l’ammodernamento dei frantoi. Una veloce panoramica con le varie associazioni di riferimento delinea un quadro con luci ed ombre.
Intanto, ecco i numeri: su circa 4.700/4.800 frantoi attivi oggi in Italia, un migliaio di impianti sono ancora quelli cosiddetti tradizionali, vale a dire con molazze e presse idrauliche; circa 1500, pur essendo a ciclo continuo, hanno una tecnologia di oltre 20 anni fa. Dei restanti 2300 circa, appena 500 sono stati realizzati negli ultimi 5 anni.
Per oltre la metà dei frantoi, dunque, siamo in presenza di una obsolescenza tecnica che si traduce in un prodotto finale che non potrà mai raggiungere i parametri organolettici e qualitativi di chi ha innovato recentemente il proprio parco macchine.
Alcuni sintetici esempi. Una moderna frangitura oggi è insonorizzata, a velocità controllata (sulla base della varietà delle olive o sul loro grado di maturazione) e soprattutto con un controllo della temperatura che esalta i flavours. Le gramole di ultima generazione, che lavorano tutte in assenza di ossigeno, hanno aumentato la flessibilità operativa e l’efficienza energetica. I decanter sono stati calibrati in funzione della durata della campagna olearia: si è passati dai 60/90 giorni di un tempo, ai circa 40 giorni di oggi e dunque è stata aumentata la capacità lavorativa dagli iniziali 600/800 a 5.600 kg/ora. I nuovi separatori assicurano una cattura nettamente maggiore del solido sospeso nell’olio.
Insomma, come ha ricordato Maurizio Servili (nella foto), docente di Scienze e tecnologie alimentari all’Università di Perugia e autorevole punto di riferimento della ricerca nella trasformazione olearia, in una recente intervista pubblicata dal nostro giornale “negli ultimi anni c’è stata una vera e propria rivoluzione nel settore oleario con l’immissione di nuovi processi e di un significativo miglioramento delle fasi estrattive. È stato un fenomeno generalizzato, quasi convulso, un vero momento magico dal punto di vista dell’evoluzione tecnologica”.
In questo scenario, come detto, si inseriscono i nuovi bandi regionali per l’ammodernamento dei frantoi. Con quali aspettative?
“C’è particolare interesse nel settore – spiega Elia Pellegrino (nella foto), presidente di Aifo, l’Associazione italiana frantoiani oleari – anche perché vi è consapevolezza che questo bando, unitamente a quello dei progetti integrati di filiera, possa essere uno degli ultimi treni che passa. Tra l’altro, il bando può beneficiare anche del credito d’imposta, il che significa che oltre al 40 o 50% del contributo, a seconda delle regioni, il frantoiano può ricavarsi circa un altro 20% di sostegno pubblico. Ovviamente, essendo in attesa che escano i bandi, parliamo di manifestazioni di interesse empiriche che poi dovranno tradursi in richieste vere e proprie. E per questo sarà importante capire anche come si comporteranno anche gli istituti di credito in considerazione delle diverse condizioni economiche dei tassi di interesse rispetto al passato, e su cui ogni frantoiano dovrà compiere una necessaria valutazione al fine di verificare attentamente la fattibilità e la sostenibilità dell’investimento sia sotto il punto di vista finanziario che creditizio”.
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