L’approvvigionamento energetico è un tema al giorno d’oggi centrale per tutti, frantoiani compresi. Anche gli oleifici quindi, già vessati da redditività in calo negli ultimi anni, sono interessati dalle preoccupazioni per il caro bollette atteso in questa campagna 2022-2023, già iniziata. Proprio per questo ha riscontrato grande interesse nella categoria il webinar promosso da Aifo attraverso il quale il prof. Riccardo Amirante, ordinario di Sistemi Energetici al Politecnico di Bari (nella foto) ha proposto alcune azioni in grado di determinare una maggiore efficienza energetica, coniugandole con un miglioramento della qualità del prodotto. Una serie di azioni virtuose, insomma, che questo particolare momento storico suggerisce. Il tutto senza perdere di vista, poi, quegli interventi che ad oggi possono essere effettuati per la produzione e l’autoconsumo di energia.
La premessa del prof. Amirante è stata tanto chiara quanto impietosa: il prezzo del petrolio al barile, quello del metano, il cambio euro/dollaro, il costo per la produzione di anidride carbonica, il basso livello di piovosità -che riduce il potenziale idroelettrico- sono i principali driver che spiegano non solo il perché la bolletta energetica è decuplicata, ma anche che il futuro non riserva nell’immediato scenari migliori. Di qui i suggerimenti.
“Partiamo dai carrelli elevatori – ha osservato il prof. Amirante – i tradizionali muletti utilizzati per la movimentazione del prodotto. Questi mezzi, con motore a combustione, in aree dove vi è trasferimento di alimenti determinano dei potenziali rischi, perché le molecole volatili degli idrocarburi, combusti ed incombusti dei motori, si legano per affinità all’olio estratto; molecole che dunque si diluiscono e si annidano nella materia grassa e che in piccole tracce potrebbero essere riscontrate anche nell’extravergine, sia pur con analisi non di routine. Dunque obbligatorio preferire muletti elettrici, compatibili con una transizione energetica del frantoio, propedeutica alla loro utilizzazione “a costo zero” grazie agli impianti fotovoltaici da realizzarsi sul tetto del proprio oleificio, a tutto beneficio della produzione di energia elettrica. Niente più spese per il gasolio, niente più rischi per la qualità dell’olio.
Come pure – prosegue Amirante – l’implementazione degli inverter. Le opzioni oggi sono due per un frantoio: o sostituire tutti i motori dell’impianto con nuovi ad altissima efficienza “classe IE4”, cosa che richiede investimenti da valutarsi, oppure dotare tutte le motorizzazioni già esistenti di inverter per il controllo elettronico della velocità di rotazione, strumento che si rivela particolarmente utile nella sfida all’efficienza energetica, ma anche della qualità del prodotto. Infatti, tale scelta riduce drasticamente i problemi di rifasamento ed i relativi costi, migliora le problematiche di regolazione delle macchine in genere ed ha anche una importante valenza qualitativa sul prodotto, giacché la regolazione della velocità di alcune macchine, come ad esempio quella dei frangitori, determina il corretto equilibrio armonico degli extravergini, ossia il perfetto bilanciamento tra sentori di amaro e le note aromatiche.
Terza azione – suggerisce il docente del Politecnico di Bari – è quella di evitare spese energetiche di riscaldamento nel processo. “Ritengo ormai assolutamente fuori luogo elevare le temperature di processo per aumentare le rese di estrazione. Mantenersi intorno ai 22/24 gradi non solo consente di risparmiare energia, ma costituisce una azione virtuosa per evitare processi di deterioramento della qualità dell’olio e determinare invece lo sviluppo degli aromi grazie ad una corretta lipossigenasi. Questo è un problema che vivono talune grandi cooperative, compresse dall’esigenza di puntare ai grandi volumi, ma che non possono più permettersi di perdere la sfida della qualità di prodotto, unica vera arma del made in Italy!”
Azioni di risparmio energetico, nel webinar del prof. Amirante, ma anche suggerimenti per la produzione di energia con un esame degli strumenti oggi disponibili: l’agrisolare con pannelli sui tetti per una produzione circoscritta all’autoconsumo; l’agrivoltaico in campo nelle sue tre opzioni che culminano, nella versione più evoluta, con l’accesso agli incentivi statali ed europei del Pnrr, pur in presenza di requisiti più stringenti, a partire dall’installazione di pannelli da un’altezza minima da terra di 2,10 metri. Una soluzione, questa, comunque compatibile con chi adotta modelli di olivicoltura in intensivo o super-intensivo.
“C’è infine – conclude Amirante – la partita del biogas e biometano. Nel primo caso si tratta di impianti che favoriscono la digestione anaerobica dei sottoprodotti del frantoio, sansa, privata delle matrici ligneo-cellulosiche, magari con una spinta che può derivare dall’aggiunta di un 5-10% di altri scarti agricoli, o di pollina e altre deiezioni zootecniche. Tecnologia che garantisce la produzione di un biogas con una buona percentuale di metano, intorno al 60%, da valorizzare in un motore a combustione interna accoppiato ad un alternatore per la produzione di energia elettrica, da destinare esclusivamente alla cessione in rete. A conti fatti, con le ipotesi contenute nell’imminente FER-2 (ossia 23 c€/kWh), sarebbero operazioni ammortizzabili in 6/7 anni anche per frantoi isolati di medie dimensioni (3000 t di sansa/anno). Nel secondo scenario, si può ipotizzare l’ulteriore processo di upgrading del biogas prodotto, in questo caso sostenuto da incentivi già operativi, che eliminano l’anidride carbonica e le altre piccole componenti gassose, favorendo la produzione di biometano, con metano almeno al 95%, da destinare all’immissione in rete o per l’autotrazione”. In entrambi i casi il bilancio sulla CO2 assorbita e prodotta è praticamente a impatto nullo per l’atmosfera.
di