L’olivicoltura va a nord, ecco lo scenario da qui al 2035

Le previsioni contenute nel Rapporto della Commissione europea
Economia
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La produzione di olio d’oliva rimarrà abbastanza stabile da qui al 2035 grazie ai nuovi impianti di oliveti, nonché ai miglioramenti, in termini di varietà, che favoriranno l’aumento dei rendimenti delle aree coltivate. Lo rileva la Commissione Europea nel suo Rapporto sulle Prospettive Agricole, dove si evidenzia che è il cambiamento climatico a minacciare la crescita della produzione.

Le ultime due campagne, evidenza il Rapporto, hanno dimostrato quanto la produzione di olio d’oliva dell’Unione europea possa essere vulnerabile agli eventi meteorologici avversi. Negli impianti tradizionali di produzione dell’olivo, a questi fenomeni si aggiunge la loro naturale esposizione a cicli biennali alternati, mentre per gli impianti moderni (intensivi e superintensivi) ad incidere è il clima secco e caldo nella fase di crescita e la disponibilità di acqua per l’irrigazione: periodi climatici estremi che possono rendere difficile il raggiungimento del pieno potenziale produttivo.

Il cambiamento climatico potrà incidere anche nella qualità dell’olio di oliva. D’altro canto, la ricerca e l’innovazione nonché l’introduzione di varietà più resistenti potrebbero ridurre parzialmente questi effetti negativi e aumentare le rese (circa lo 0,5% annuo da qui al 2035). La superficie totale dedicata alla produzione di olio rimarrà invariata.

Questa stabilità sarà probabilmente raggiunta attraverso nuovi impianti (anche nelle aree più settentrionali) e il passaggio da colture tradizionali a sistemi più innovativi, mentre l’abbandono degli oliveti potrebbe continuare soprattutto a causa della mancata successione delle aziende agricole e della competizione tra produzione e sistemi colturali. Tenendo conto delle rese e degli sviluppi dell’eurozona, la produzione di olio d’oliva potrebbe avvicinarsi a 2,2 milioni di tonnellate nel 2035 (simile all’anno record 2021-2022).

Relativamente ai consumi, il Rapporto spiega che esistono tendenze divergenti nel consumo di olio d’oliva tra i principali paesi produttori dell’UE (in calo) e il resto dell’UE (in aumento). Si prevede che queste tendenze continueranno. Il consumo di olio d’oliva nei paesi non produttori è guidato dalla crescente popolarità della dieta mediterranea e dalle campagne di sensibilizzazione sui benefici dell’olio d’oliva rispetto ad altri grassi. Viceversa, i consumatori tradizionali hanno mostrato una maggiore sensibilità agli aumenti dei prezzi e un minore interesse per il consumo di olio d’oliva, soprattutto tra i giovani. Tuttavia, queste tendenze nei paesi produttori saranno compensate da un aumento più elevato nel resto dell’Unione, che potrebbe mantenere i consumi comunitari relativamente stabili (+0,1% annuo da qui al 2035).

Poiché il tasso di crescita del consumo di olio d’oliva nell’Unione rimane relativamente stabile, le esportazioni di olio d’oliva dell’Europa raggiungeranno il 45% nel 2035 (circa un milione di tonnellate), rispetto al 37% del periodo 2018/2022, principalmente grazie a un’espansione nei mercati asiatici mercati, mentre anche alcuni tradizionali mercati di esportazione potrebbero crescere. Le importazioni di olio d’oliva nell’UE potrebbero continuare a compensare parzialmente le perdite di produzione su base annua.

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Tags: in evidenza, olivicoltura, Unione Europea

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