L’ olivo è da sempre considerato una specie rustica e frugale, capace di sopravvivere anche in condizioni di suolo e di clima difficili. La sua capacità di adattarsi a tali ambienti ha fatto sì che un tempo venisse destinato in terreni marginali, con pratiche colturali peraltro ridotte al minimo, ritenendolo comunque in grado di offrire una resa soddisfacente. Attualmente, invece, per l’esigenza di ottenere regolari e abbondanti produzioni, di elevata qualità ed economicamente sostenibili, richiede di essere coltivato in zone vocate con competenza e cura.
L’olivo prospera e produce al meglio in aree dove il clima è caratterizzato da primavere miti, estati calde, inverni regolarmente piovosi e moderatamente freddi, tali da soddisfare il fabbisogno della pianta in ore di freddo, variabile a seconda delle cultivar, purché le temperature non scendano sotto i -7-10 °C, soglia che in alcuni casi si configura come critica per la pianta. Poiché è una specie ad impollinazione anemofila, ovvero il polline viene veicolato fra le piante dal vento, è fondamentale che le piogge siano maggiormente concentrate nel periodo autunno–invernale, in quanto, se frequenti durante il periodo di fioritura, possono ostacolare i normali processi di impollinazione.
È noto che il naturale comportamento dell’olivo è contraddistinto da variazioni annuali di produzione, comunemente conosciute come alternanza di produzione. Alcuni studiosi indicano che fra le molteplici cause di questo fenomeno ci sia anche la scarsa allegagione, secondo i quali potrebbe essere sufficiente garantire un certo numero d’incontri tra la parte femminile recettiva dei fiori (stigma) e polline compatibile, per ottenere delle buone produzioni anche nelle annate di scarica.
Questo, è possibile sia mediante l’impollinazione assistita (artificiale) con apposite attrezzature, previa scelta del tipo di polline in funzione delle cultivar da impollinare, sia aumentando gli scambi naturali, migliorando il rapporto numerico tra differenti cultivar, il posizionamento delle stesse (anche in base ai venti prevalenti nel periodo relativo), nonché le loro reciproche distanze, alla luce dei tempi di fioritura che dovranno essere il più possibile coincidenti.
In ambienti olivicoli solitamente poco ventilati, o in annate nelle quali le condizioni del vento non sono sufficienti a garantire un ottimale scambio di polline, il suo trasporto può essere favorito con l’ausilio di comuni soffiatori nel periodo più propizio della giornata.
Il fiore dell’olivo generalmente presenta sia l’organo sessuale maschile che quello femminile (ermafroditismo). I due organi presenti nello stesso fiore però non si sviluppano contemporaneamente. Prima matura l’organo sessuale femminile (proteroginia) poi, a distanza di qualche giorno, quello maschile.
La maggior parte delle varietà di olivo coltivate sono autoincompatibili. Da qui discende la necessità agronomica di dover consociare cultivar interfertili fra loro. Merita sottolineare che, nel momento in cui si realizza l’impianto olivicolo è opportuno impiegare più varietà coltivate principali intercompatibili fra loro, per impedire che l’eventuale scarica produttiva di una cultivar condizioni la produzione dell’intero oliveto. Inoltre, la compatibilità è influenzata anche dalle temperature e quelle elevate sortiscono una maggiore incompatibilità.
In olivo sono possibili due tipi di fecondazione. Quando una pianta è in grado di fecondare i propri fiori con il proprio polline si dice che è autocompatibile o autofertile, ciononostante si avvantaggia dell’impollinazione incrociata e quindi della fecondazione tra due gameti di fiori indistinti, detta allogamia o eterogamia. Mentre se necessita del polline di un’ altra varietà si dice che è autoincompatibile. Questi due tipi di fecondazione in alcune cultivar possono coesistere, come ad esempio nella varietà Frantoio. Tuttavia l’olivo predilige la fecondazione incrociata, poiché questa consente una maggiore variabilità genetica, che in generale offre alla specie migliori capacità di adattamento e sopravvivenza. Per favorire la fecondazione incrociata le piante hanno sviluppato meccanismi fisici, temporali e genetici di autoincompatibilità.
In olivo sembra essere presente un sistema diallelico (Sl), secondo il quale le cultivar possono appartenere a due soli gruppi genetici, G1 e G2. Le cultivar comprese nello stesso gruppo, ad esempio G1, non possono fecondarsi reciprocamente, ed è lo stesso anche per il gruppo G2. Mentre una cultivar appartenente al gruppo G1 può impollinare e fecondare una cultivar del gruppo G2 e viceversa. Purtroppo al momento solo di poche varietà coltivate è stato determinato il gruppo.
Il polline è dotato di un sistema semplice ed efficiente, ma affinché possa esprimere le proprie funzioni riproduttive necessita di molte sostanze dalle quali poter attingere energia. Più alto è il contenuto di dette sostanze maggiore è l’efficienza fecondativa. Pertanto, quando una pianta è sottoposta a una condizione di stress idrico, termico, nutrizionale, fitosanitario e via dicendo, ed è in fase di produzione di polline, questo spesso viene prodotto in modo non ottimale, poiché essa, preferisce tenere le sostanze per sé piuttosto che investirle nel polline.
Il polline e lo stigma possiedono delle molecole sulla loro superficie atte al riconoscimento. Quando il polline viene liberato dalle antere del fiore è disidratato e quiescente, per essere facilmente trasportato dal vento senza correre un elevato rischio di subire danni. Appena giunge sulla superficie dello stigma del fiore di un’altra cultivar, se viene riconosciuto come “self” (uguale a se stesso), viene prontamente ucciso prima che sviluppi il tubetto pollinico. Quando invece è ritenuto “cross” (incrocio), lo stigma gli fornisce acqua che il polline assorbe per prendere vitalità e germinare.
La germinazione del polline consiste nell’emissione del tubetto pollinico che, allungandosi, penetra nello stigma, scende attraverso lo stilo portando con sé le due cellule spermatiche all’interno dell’ovario. Una di esse andrà a fondersi con la cellula uovo posta nel sacco embrionale ubicato all’interno dell’ovulo, dando origine allo zigote diploide, prima cellula del nuovo individuo che, moltiplicandosi per mitosi, si evolverà in embrione (nuova piantina in miniatura). L’altra cellula spermatica di origine pollinica andrà a fecondare l’altra cellula bi-nucleata posta al centro del sacco embrionale formando l’endosperma, che servirà come riserva nutritiva per l’embrione. L’embrione e l’endosperma saranno avvolti da involucri protettivi chiamati tegumenti, tutti e tre questi organi comporranno il seme a sua volta protetto dal nòcciolo (endocarpo). In definitiva l’ovulo si evolverà in seme, e l’ovario in tutto ciò che è attorno al seme, ovvero le altre parti del frutto.
Spunti tratti da Istituto per la Bioeconomia del Cnr e Università di Siena
(2^ parte – fine) – Per leggere la prima parte clicca qui
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