La gestione sostenibile di un oliveto – attraverso inerbimento spontaneo, trinciatura del materiale di potatura e mulching (lo sminuzzamento dell’erba tagliata) – garantisce un aumento di sostanza organica del suolo, sia in termini di carbonio organico totale che di carbonio umico, rispetto a quello prodotto da un terreno gestito in maniera convenzionale, vale a dire condotto con lavorazioni superficiali e allontanamento del materiale di potatura. Non solo, la pratica diffusa della lavorazione come tecnica di aridocoltura modifica la struttura del suolo riducendone la capacità di accettazione delle piogge e ostacolando di fatto la formazione di una adeguata riserva idrica.
Sono questi i risultati di uno studi condotto da ricercatori del centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia (Cra-Abp) di Firenze e dell’Università della Basilicata in un oliveto situato in agro di Ferrandina (Mt) costituito da piante mature di olivo a duplice attitudine (cultivar Maiatica), allevate a vaso e con sesto d’impianto di circa 8×8.
Qui sono stati messi a confronto due sistemi di gestione: uno aziendale, con lavorazione a 10 cm con fresatrice, potatura intensa ogni due o più anni e materiale di potatura portato via; l’altro sostenibile, con inerbimento spontaneo, almeno due sfalci l’anno, e materiale di potatura trinciato e lasciato in campo, con l’aggiunta di una lieve potatura annuale. Nei tre anni di sperimentazione i risultati hanno confermato l’effetto positivo dell’inerbimento rispetto alla lavorazione sull’accumulo del carbonio nel suolo.
A partire dalla macroporosità che, superiore nella gestione aziendale allo stato più superficiale, via via diminuisce drasticamente, scendendo al di sotto del limite del 5%, oltre il quale un suolo di definisce compatto. Viceversa, la macroporosità del suolo inerbito, seppur non elevata, risulta omogeneamente distribuita lungo tutto il profilo.
Ciò ha importanti riflessi anche sui movimenti dell’acqua: nel sistema sostenibile l’acqua si infiltra nel terreno e si muove lungo l’intero profilo senza trovare ostacoli, al contrario, nel sistema aziendale, si riscontra una minore capacità di accettazione delle piogge, sia in termini di infiltrazione a causa della presenza di croste superficiali, sia in termini permeabili lungo il profilo per la presenza di uno strato compatto in corrispondenza del limite inferiore della lavorazione. Questo determina l’innesco di fenomeni di degradazione del suolo, quale l’erosione incanalata, e il mancato accumulo di acqua negli stati più profondi. La quantità di acqua immagazzinata dal sistema sostenibile inerbito, nei primi 2 metri di terreno, è significativamente più elevata: in particolare tale sistema è stato in grado di immagazzinare le acque di precipitazione autunno-invernali negli strati più profondi, ovvero da 100 a 200 cm che diviene disponibile per le piante di olivo caratterizzate da apparato radicale profondo, nel periodo di massima richiesta idrica.
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