“Il prof. Maurizio Servili ha perfettamente ragione quando sostiene che una delle prossime sfide dei frantoiani riguarderà la piena valorizzazione dei sottoprodotti in chiave nutraceutica, farmaceutica e della cosmesi, in considerazione del fatto che nelle acque di vegetazione e nelle sanse sono presenti il 98% dei fenoli bioattivi. Ma va registrato che, ad oggi, il mercato è molto indietro rispetto al mondo della ricerca e questo trasferimento di conoscenze deve essere ancora fortemente stimolato”.
Marco Ferrini (nella foto), titolare dell’azienda agricola Fangiano di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro, ha le sue buone ragioni per guardare più il bicchiere mezzo vuoto rispetto a quello mezzo pieno dopo aver letto l’intervista al prof. Servili.
Perché è stato tra i primi in Italia, ormai quasi 10 anni fa, a guidare un progetto di ricerca legato al recupero dei composti nobili – polifenoli e antiossidanti – dalle acque di vegetazione olearie. Ma da quella data ad oggi solo timidi segnali sono giunti dal mercato. Eppure il progetto sperimentale – sviluppato prima in un impianto pilota di 50 litri ora e poi in uno di produzione di 1000 litri ora – è stato completato con i migliori risultati, grazie al supporto di una società di ingegneria specializzata nel trattamento di acque reflue (la Techfem Spa) e la collaborazione scientifica di tre università italiane.
“Attraverso una concentrazione meccanica, tramite filtri microscopici e processi per osmosi – spiega Ferrini – siamo riusciti ad ottenere un liquido simile in densità alla melassa, ricchissimo di polifenoli e sostanze nobili. Purtroppo, a livello di food ci siamo scontrati con un vuoto normativo che impedisce di poter utilizzare i claim salutistici dell’olio, pur avendo questo concentrato le stesse caratteristiche. Vi era la possibilità, ad esempio, di creare salse nutraceutiche: ed invece, per questo limite normativo, il progetto si è arenato.
Sotto il profilo della farmaceutica, viceversa, andrebbe sviluppato un ulteriore step per uno screening dettagliato di tutte le componenti della ricchissima famiglia dei polifenoli, per capire quali di esse permettono ai recettori specifici di attivarsi e migliorare la risposta del sistema immunitario.
Infine, per la cosmesi, vi sono già oggi prodotti estratti chimicamente che provengono dalla Cina con costi minori. Dunque si fa fatica a creare spazio per un prodotto sì naturale, ma che ovviamente sconta prezzi maggiori”.
Insomma, per tutte e tre le potenziali destinazioni d’uso vi sono intoppi. Eppure le ricadute ambientali e salutistiche sono enormi, tenuto conto che le acque di vegetazione, così come escono dal frantoio, se rilasciate in natura possono diventare inquinanti, mentre depurate sarebbero un beneficio per i terreni ed i polifenoli catturati un ricco serbatoio nutraceutico. Insomma, con più coraggio da parte del mercato, magari anche incentivato, vi sarebbe la concreta possibilità di chiudere la filiera olivicola-olearia con vantaggi per tutti.
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