È entrato in vigore dall’inizio dell’anno in Germania, Belgio, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svizzera il nuovo metodo di assegnazione dell’etichetta nutrizionale Nutriscore, il sistema che mira a informare i consumatori sui benefici e sugli svantaggi per la salute degli alimenti.
Le modifiche scattate dall’inizio del 2024, sostengono i promotori, tengono conto dell’evoluzione delle evidenze scientifiche, come previsto già dal momento dell’ideazione del modello di etichettatura. Ma il Nutriscore non smette di far discutere, e i suoi detrattori continuano a sottolineare come il cosiddetto “sistema a semaforo” – che classifica gli alimenti su 5 livelli, dal verde-A al rosso-E in base alla concentrazione di elementi come grassi, sale e zuccheri – semplifica eccessivamente il grado di presunta dannosità di alcuni alimenti, non tenendo conto delle dosi medie che vengono assunte dai consumatori.
Per l’olio di oliva, incredibilmente classificato nella prima stesura alla lettera C proprio per il perverso meccanismo di calcolo (misurato sui 100 grammi consumati), vi è un parziale ravvedimento che permette ora di classificarlo alla lettera B (verde chiaro). Questo perché è stato riconosciuto il fatto che l’olio di oliva contiene un basso livello di acidi grassi saturi. Ma se poi registriamo che altri oli vegetali hanno ottenuto lo stesso riconoscimento, come ad esempio l’olio di colza o quello di noci, possiamo ben affermare che ancora una volta questo strumento di misurazione degli aspetti salutistici del cibo va contro ogni logica. Perché è unanimemente riconosciuto da tutti gli studi scientifici che l’olio di oliva è il prodotto per l’alimentazione umana capace di prevenire malattie neurodegenerative, cardiovascolari, oncologiche e tanto altro ancora, con un equilibrio di acidi grassi tra saturi, monoinsaturi e polinsaturi che solo il latte materno riesce ad assicurare, al netto tra l’altro dei benefici assicurati da potenti antiossidanti come i polifenoli.
Approvato la scorsa primavera, il nuovo metodo di classificazione è più severo nell’assegnazione dei punteggi: nel mirino del comitato scientifico la concentrazione di sale, zucchero e grassi. Sono dunque state penalizzate alcune categorie di alimenti, mentre altre sono state promosse, ancorché con discutibili classificazioni. Numerosi cereali da colazione, per l’elevato contenuto di zuccheri, scendono da A a B o C. Migliora la classifica per il pesce azzurro, finora penalizzato. Mentre la carne rossa continua a essere classificata al di sotto di pesce e pollame. Alcuni oli vegetali con bassi livelli di acidi grassi saturi, come appunto l’olio di oliva, quello di colza e quello di noci, passano da C a B. L’olio di semi di girasole passa da D a C. Mentre quelli di soia, arachidi e mais restano alla D e quello di cocco alla E. Nessuna promozione nemmeno per il burro. Penalizzato il latte: lo scremato passa da A a B, mentre quello intero da B a C. Ciò avviene perché il latte, prima classificato come alimento solido, ora viene categorizzato seguendo i criteri delle bevande.
Anche le bevande hanno nuovi criteri di classificazione. La Sprite e le acque aromatizzate così guadagnano una posizione, passando rispettivamente da D a C e da C a B, mentre la Coca-Cola non guadagna punti, conservando l’etichetta rossa E. I succhi di frutta non superano la C.
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