Con una raccolta anticipata delle olive già a metà settembre e temperature prossime ai 30° anche in ottobre, il settore dell’olio si trova sempre più a dover fare i conti con la necessità di applicare tecnologie di raffreddamento per garantire l’alta qualità della produzione. Ma quali sono le più efficaci? Lo abbiamo chiesto al prof. Maurizio Servili, docente di Scienze e Tecnologie Alimentari all’Università di Perugia (nella foto), punto di riferimento nella ricerca scientifica sulla qualità dell’olio e sulle innovazioni tecnologiche del processo di estrazione dell’olio di oliva.
Prof. Servili, innanzi tutto ci spieghi: che effetto hanno le alte temperature a cui stiamo assistendo sulla lavorazione delle olive?
“La principale ripercussione è una variazione negativa dell’attività di lipossigenasi che porta al decremento del contenuto di aldeidi responsabili delle note di “fruttato erbaceo verde”, un aumento dei corrispondenti alcoli, associati alla nota di “fruttato maturo” e “fieno” ed inoltre una riduzione degli esteri responsabili della nota di “floreale”. Va infatti ricordato che i livelli delle attività degli enzimi coinvolti nella via delle lipossigenasi presentano temperature ottimali differenti, che vanno dai 18 ai 24 °C. Da qui, nasce la necessità di applicare le tecnologie del freddo in frantoio”.
Quali soluzioni si prospettano?
“Negli ultimi anni sono stati sviluppati impianti di estrazione dell’olio extravergine di oliva che permettono di abbassare la temperatura delle olive per ridurre tutti gli effetti negativi sulla qualità sensoriale soprattutto a carico del profilo volatile. A tale riguardo, l’introduzione di una zona fredda, che dovrà protrarsi per brevi periodi temporali, da collocarsi direttamente in frangitura e/o nel periodo immediatamente successivo ad essa, prima della fase di gramolatura, ha suscitato particolare interesse.
Il controllo e mantenimento della temperatura nella zona fredda, che dovrà ricadere all’interno di un intervallo ottimale di temperatura per l’attività degli enzimi coinvolti nella via della lipossigenasi (18-20 °C) può essere ottenuto mediate l’ausilio di diversi approcci tecnologici da utilizzare singolarmente o in combinazione. Tra questi annoveriamo i seguenti: celle climatiche per raffreddare le olive prima della frangitura; applicazione di macchine refrigeranti le olive in pre-frangitura; aggiunta di ghiaccio secco in frangitura; frangitori incamiciati in grado di raffreddare le paste nel corso della frangitura; scambiatori di calore tubolari del tipo “tubo in tubo anulare” in post-frangitura. Per ognuna di queste applicazioni tecnologiche sono in corso attività sperimentali volte a definirne l’efficienza operativa ed i relativi effetti sulla qualità dell’olio.
Qualche risultato?
“Studi specifici sull’utilizzo di scambiatori di calore per raffreddare le paste in post-frangitura hanno mostrato risultati interessanti e un miglioramento significativo del contenuto di composti fenolici e volatili, anche se dipendente dalla cultivar. Questo approccio è, al momento, il più consolidato sia dal punto di vista scientifico che in termini di trasferimento tecnologico.
Una seconda considerazione riguarda la possibilità di combinare più di un processo per ridurre le temperature delle olive o delle paste. Questa opportunità è legata alla temperatura iniziale delle olive in entrata e all’efficienza dei sistemi di raffreddamento. In questo contesto, l’applicazione di frangitori raffreddati in combinazione con macchinari per il raffreddamento delle olive o scambiatori di calore in post-frangitura potranno fornire interessanti risultati. Il prolungamento della sosta a freddo delle paste nella fase successiva allo scambio termico in post-frangitura è stata anche questa studiata considerando i diversi tempi di sosta che vanno a sottrarsi al periodo della gramolatura. I risultati ottenuti in tal senso sono cultivar dipendenti, ma in ogni caso producono un incremento degli aromi, ma, al tempo stesso, una riduzione del contenuto fenolico dell’olio extravergine di oliva”.
Che conclusioni trarne?
“Di fatto, si delinea sempre più chiaramente una nuova un’ipotesi di lavoro sia sperimentale che impiantistico che vede l’introduzione di due zone ben distinte. La prima, quella fredda che può essere applicata alle olive o alle paste in post-frangitura, è volta ad un miglioramento selettivo del quadro aromatico dell’olio con effetti positivi che si osservano anche sul contenuto fenolico. La seconda, quella calda, invece, configurabile con la tradizionale fase di gramolatura oppure con l’introduzione di scambiatori di calore, permette il trattamento delle paste volto a ridurre o sostituire la fase di sosta delle paste nella gramolatrice”.