L’olivo è una delle colture più diffuse al mondo vista la conseguente produzione di olio che svolge un ruolo cardine nell’alimentazione umana. Il bacino del Mediterraneo è l’areale più rappresentativo, ma attualmente diversi altri paesi si stanno approcciando alla sua coltivazione.
La riduzione di CO2 obbligo del pianeta
Da anni ormai gli scienziati valutano l’efficienza assimilativa in termini di CO2 dell’atmosfera da parte di diverse specie e l’olivo è tra i più importanti in tal senso. I cambiamenti climatici sono in atto, abbiamo toccato il punto di non ritorno. È tempo di bilanci, di previsioni e parallelamente di azioni da intraprendere per cercare di tamponare gli effetti negativi sulle popolazioni, ma anche sulle produzioni agrarie.
Diversi gli scenari ipotizzati dalla comunità scientifica da qui al 2100, che vedono l’olivo sia come “vittima” che come soluzione del sistema. Nel primo caso bisognerà trovare una strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici (così come in altre colture) e nel secondo caso diventa un utile strumento nell’asportazione del carbonio atmosferico, causa principale del surriscaldamento del pianeta.
Nel 2015 è stata sottoscritta l’Agenda ONU 2030 tra i cui obiettivi si ricordano la povertà, l’accesso all’acqua potabile, la salvaguardia degli ecosistemi terrestri e marini, la Pace, ecc. Parallelamente a ciò, gli scienziati nei diversi report IPCC dichiarano che se entro il 2030 non verrà contenuto l’innalzamento termico di 1,5 °C, le conseguenze saranno devastanti sotto il profilo ambientale, economico, demografico ma anche agricolo. Si parla di estinzioni di habitat, migrazioni di massa, carestie e non solo. Uno scenario apocalittico, che probabilmente potrà diventare realtà.
La rimozione della CO2 atmosferica è una delle componenti chiave nella mitigazione del cambiamento climatico rispetto agli obiettivi della neutralità carbonica. Per raggiungere tali obiettivi bisognerà allinearsi con quelli che sono i dettami della Politica Agricola Comune, mettere in pratica diverse operazioni colturali per ottimizzare la capacità di asportazione di carbonio, senza tralasciare gli obiettivi dell’agricoltura, ossia di produrre cibo (in modo sostenibile) per le popolazioni.
Il ruolo delle piante
Va precisato che le piante assorbono CO2 dall’atmosfera e rilasciano ossigeno (O2). Una porzione della CO2 assorbita ritorna nell’atmosfera attraverso la respirazione, mentre una parte è stoccata in varie componenti organiche, creando così un “carbon sink”, ossia un sito di accumulo del carbonio
Sebbene le piante agrarie abbiano un ciclo vitale breve rispetto a quello delle specie forestali e non coprano permanentemente il suolo con la chioma, possiedono un alto potenziale di fissazione del carbonio e l’olivo, tra le colture agrarie, è una specie che possiede un ciclo vitale più lungo (in alcuni casi millenario), quindi di grande importanza nell’assorbimento della CO2 atmosferica.
In diversi studi è emerso che, nel confronto tra differenti specie, la coltura del noce/pioppo ha avuto la più alta efficienza nel sequestro della CO2 con 20.179 tonnellate anno-1 ha-1, seguito dall’olivo con 9.542 tonnellate di CO2 anno-1 ha -1 e la quercia con 4.713 t CO2 anno-1 ha.
L’olivo ha dimostrato una capacità interessante nello stoccaggio della CO2, ove fossero considerati i frutti e i residui di potatura cumulati nelle strutture permanenti per singola pianta, con 28.916 kg di CO2 anno -1 pianta-1, quindi sei volte rispetto alla quercia (4.246 kg di CO2 anno-1 pianta-1) e simile al noce/pioppo.
L’olivo ci stupisce sempre, è da sempre stato un dono per chi si è avvicinato alla sua coltivazione, essendo da sempre sostentamento per gli uomini, per il bestiame, ricovero, combustibile che ha scaldato molti popoli. Nel secolo attuale sarà parte integrante di un sistema che dovrà lottare contro gli errori dell’uomo e ancora una volta la natura è fonte di saggezza!