Il Cibus di Parma – in programma quest’anno dal 3 al 6 maggio – è da sempre considerato un punto di riferimento per la promozione delle produzioni agroalimentari nazionali ai buyer stranieri. Per questa edizione, in cui le aspettative sono molto alte perché segna l’effettiva ripresa fieristica per il settore, sono stati annunciati dall’organizzazione fieristica ben 2.000 top buyer provenienti da Stati Uniti, Europa, Medio Oriente, Sud America e Asia. Una interessante opportunità anche per le aziende produttrici di extravergine che saranno presenti in numero significativo alla manifestazione.
Ma perché i consumatori stranieri acquistano il nostro olio? Una domanda pertinente, perché ad essa deve fare riferimento il produttore nel momento in cui si approccia ai mercati esteri. Meritano attenzione al riguardo le considerazioni di Denis Pantini, responsabile Agricoltura e industria alimentare di Nomisma (nella foto), secondo il quale “da indagini che abbiamo realizzato in questi anni, nei diversi mercati mondiali è emerso che, nella percezione del consumatore, l’extravergine italiano figura al primo posto per qualità. Lo si riscontra nel 58% dei consumatori statunitensi, nel 53% dei giapponesi e nel 43% dei tedeschi. Tra i fattori, rispetto a quello dei concorrenti, in tutti i mercati analizzati emergono caratteristiche organolettiche, valori nutrizionali e qualità salutistiche”.
Dunque qualità a tutto tondo, tra i consumatori appartenenti ai Paesi dove maggiore è l’esportazione di olio italiano. “Nel 2021 – evidenzia al riguardo Pantini – l’export di olio extravergine d’oliva dall’Italia vale circa 1,5 miliardi di euro, il 3% dell’export agroalimentare italiano. I primi acquirenti di Evo italiano sono stati gli Usa, con una quota del 30%, seguiti da Germania 14%, Francia 10% e Giappone 6%”.
Qualità che fa spesso rima anche con identità. “L’origine territoriale – aggiunge infatti l’esperto di Nomisma – può essere un valore in più in Germania e Stati Uniti, dove alcune regioni vengono percepite come territori ad alta vocazione produttiva di extravergine di qualità, Toscana e Sicilia in primis. In Giappone invece, la conoscenza dei territori è meno sviluppata e assumono più importanza la confezione, il packaging e l’abbinamento con la cucina locale”.
Ecco perché, specialmente per i mercati cosiddetti occidentali, una importante leva di promozione per l’olio di oliva è rappresentato da tutte quelle iniziative che promuovono il territorio, come la cucina, il turismo enogastronomico e, ultimo in ordine di tempo anche nel panorama legislativo, l’oleoturismo. “In tutte le nostre consumer survey, nel definire l’identikit del consumatore di food&wine made in Italy – rimarca Denis Pantini – emerge un consumatore che è stato nel nostro paese negli ultimi anni per vacanza o lavoro. Aspetto da tenere in considerazione, quello della promozione del territorio dunque, per sviluppare l’export di qualsiasi prodotto agroalimentare. E l’olio di oliva figura a pieno titolo in questa casistica”.
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